Osè
Il brivido di oltrepassare le barriere dell’inibizione
senti di sbagliare
Di varcare un limite
Un limite dettetato dai pregiudizi odierni,
Di fatto non esistono limiti
Sono soltanto una costante dell’essere umano
Dell’essere uomo
Dell’essere cittadino del mondo
Un mondo
Di cui non abbiamo certezza,
Alcuna
Allora cosa sono i pregiudizi?
Illusioni
Inganni
False innocenze
Qualcosa che ti dice di non essere ciò che sei?
Ma chi siamo?
Chi ci etichetta?
Osare è davvero uno strappo alla regola?
O è semplicemente qualcosa che non siamo abituati ad accettare?
Cosa viene definito normale?
E cosa supera la soglia dell’osè?
Stiamo osando o stiamo vivendo?
senti di sbagliare
Di varcare un limite
Un limite dettetato dai pregiudizi odierni,
Di fatto non esistono limiti
Sono soltanto una costante dell’essere umano
Dell’essere uomo
Dell’essere cittadino del mondo
Un mondo
Di cui non abbiamo certezza,
Alcuna
Allora cosa sono i pregiudizi?
Illusioni
Inganni
False innocenze
Qualcosa che ti dice di non essere ciò che sei?
Ma chi siamo?
Chi ci etichetta?
Osare è davvero uno strappo alla regola?
O è semplicemente qualcosa che non siamo abituati ad accettare?
Cosa viene definito normale?
E cosa supera la soglia dell’osè?
Stiamo osando o stiamo vivendo?
Il Marchese Donatien Alphonse François de Sade soffriva di sadismo, un grave disturbo del comportamento sessuale che prende il nome proprio dall’omonimo Marchese de Sade. Consiste in un desiderio di provocare dolore, e di gioire per il dolore provocato.
De Sade arrivò proprio al concetto di istinto, di poter realizzare nel comportamento tutto quello che emergeva nel desiderio e quindi di dar corpo in qualche modo a quello che più tardi Freud definirà l’es, il serbatoio dell’energia vitale, l’insieme caotico e turbolento delle pulsioni che vengono controllate e mitigate da ciò che chiamerà super-io, l’insieme dei divieti sociali sentiti dalla psiche come costrizione e impedimento alla soddisfazione del piacere, rappresenta quella che può essere definita la coscienza morale. Nel caso di de Sade parliamo di un’istintualità sessuale senza alcun controllo. Così difende i suoi comportamenti violenti: “questo genere di piaceri è oggi molto comune tra gli uomini, ‘voglio provare emozioni’, è questo il fine di ogni uomo che si abbandoni alla libertà anche ricorrendo ai mezzi più stimolanti, e non vi è dubbio che il dolore colpisce molto più vivacemente del piacere, lo shock che produce si ripercuote con maggiore energia e mette in circolazione gli spiriti animali esponendoli ad uno sfrenato piacere”.
Secondo il Marchese il vizio è semplicemente una virtù portata all’estremo.
De Sade arrivò proprio al concetto di istinto, di poter realizzare nel comportamento tutto quello che emergeva nel desiderio e quindi di dar corpo in qualche modo a quello che più tardi Freud definirà l’es, il serbatoio dell’energia vitale, l’insieme caotico e turbolento delle pulsioni che vengono controllate e mitigate da ciò che chiamerà super-io, l’insieme dei divieti sociali sentiti dalla psiche come costrizione e impedimento alla soddisfazione del piacere, rappresenta quella che può essere definita la coscienza morale. Nel caso di de Sade parliamo di un’istintualità sessuale senza alcun controllo. Così difende i suoi comportamenti violenti: “questo genere di piaceri è oggi molto comune tra gli uomini, ‘voglio provare emozioni’, è questo il fine di ogni uomo che si abbandoni alla libertà anche ricorrendo ai mezzi più stimolanti, e non vi è dubbio che il dolore colpisce molto più vivacemente del piacere, lo shock che produce si ripercuote con maggiore energia e mette in circolazione gli spiriti animali esponendoli ad uno sfrenato piacere”.
Secondo il Marchese il vizio è semplicemente una virtù portata all’estremo.
Yukio Mishima leggendo la biografia di de Sade rimase colpito da un episodio apparentemente inspiegabile: la moglie del marchese, dopo aver dedicato tanti anni e tante energie al tentativo di farlo uscire dal carcere al momento della possibile liberazione anziché correre da lui decide di rimanere lontana e fargli sapere che non lo incontrerà mai più.
Perché una donna che è riuscita a rimanere fedele al marito per così tanto tempo lo abbandona proprio nel momento in cui finalmente può tornare libero? È proprio da questo enigma che ebbe inizio l’opera teatrale di Mishima in cui tenta di dare una risposta logica al problema.
Renèe rincorreva la virtù.
Alphonse viveva nel vizio.
Aldilà della cosa giusta o sbagliata, qualunque essa sia non è giudicabile in modo oggettivo, ciò che invece è possibile constatare in modo oggettivo è il metodo con cui sono state intraprese le strade.
Alphonse si trovava in un mondo per egli limitante e ipocrita, così creò un mondo per sé, nel quale essere libero da qualsiasi forma di proibizione.
Renèe, desiderosa di virtù, non ebbe la stessa determinazione e rimase ingenuamente incastrata nel mondo di Alphonse, come un moscerino in una ragnatela.
Mishima ci narra che quando Alphonse realizzò la prima stesura di Justine (oggi manifesto del sadismo) e la consegnò in carcere a Renée, ella iniziò a leggere il libro. La storia parlava di due sorelle, Juliette, la maggiore, e Justine, la minore, rimaste improvvisamente orfane e in balia del mondo. La sorella minore che cercava di difendere la sua virtù veniva colpita da ogni sorta di sventura, mentre la maggiore, predisposta al vizio, veniva favorita in ogni modo dalla fortuna. L’infelice Justine nonostante l’animo nobile e la condotta integerrima venne di volta in volta disonorata e maltrattata per poi morire colpita da un fulmine.
Renée capì che il libro era dedicato proprio a lei, a quella donna che a causa della virtù accumula sventure su sventure. Renée si sentì tutto d’un tratto, imprigionata in una storia molto più di quanto lo fosse Alphonse tra le sbarre e capisce che tutte le sue tribolazioni nell’accettare i comportamenti sadici del marito, sono state una fatica vana perché tutto ciò che ella fece con virtù fu “[…] solo per assecondare il compimento di una terribile storia”. Justine
Renèe visse nel mondo creato dal Marchese de Sade.
Perché vivere in un mondo costruito su ideali ai quali non crediamo?
Vivere senza le barriere dell’inibizione è come osare senza osare.
Si osa solo se nei freni mentalmente imposti varchiamo un limite dettato dalla società, ma se ci stacchiamo dal fardello dell’omologazione del pensiero di massa e creiamo un mondo fatto su misura per le nostre esigenze, a quel punto non ci preoccuperemmo più di rispettare norme non scritte, lo farebbero gli altri da fuori, ma ciò non ci riguarda. Lasciamo fare agli altri i super-io, siamo semplicemente e puramente es.
Non è osè, c’est la vie
Perché una donna che è riuscita a rimanere fedele al marito per così tanto tempo lo abbandona proprio nel momento in cui finalmente può tornare libero? È proprio da questo enigma che ebbe inizio l’opera teatrale di Mishima in cui tenta di dare una risposta logica al problema.
Renèe rincorreva la virtù.
Alphonse viveva nel vizio.
Aldilà della cosa giusta o sbagliata, qualunque essa sia non è giudicabile in modo oggettivo, ciò che invece è possibile constatare in modo oggettivo è il metodo con cui sono state intraprese le strade.
Alphonse si trovava in un mondo per egli limitante e ipocrita, così creò un mondo per sé, nel quale essere libero da qualsiasi forma di proibizione.
Renèe, desiderosa di virtù, non ebbe la stessa determinazione e rimase ingenuamente incastrata nel mondo di Alphonse, come un moscerino in una ragnatela.
Mishima ci narra che quando Alphonse realizzò la prima stesura di Justine (oggi manifesto del sadismo) e la consegnò in carcere a Renée, ella iniziò a leggere il libro. La storia parlava di due sorelle, Juliette, la maggiore, e Justine, la minore, rimaste improvvisamente orfane e in balia del mondo. La sorella minore che cercava di difendere la sua virtù veniva colpita da ogni sorta di sventura, mentre la maggiore, predisposta al vizio, veniva favorita in ogni modo dalla fortuna. L’infelice Justine nonostante l’animo nobile e la condotta integerrima venne di volta in volta disonorata e maltrattata per poi morire colpita da un fulmine.
Renée capì che il libro era dedicato proprio a lei, a quella donna che a causa della virtù accumula sventure su sventure. Renée si sentì tutto d’un tratto, imprigionata in una storia molto più di quanto lo fosse Alphonse tra le sbarre e capisce che tutte le sue tribolazioni nell’accettare i comportamenti sadici del marito, sono state una fatica vana perché tutto ciò che ella fece con virtù fu “[…] solo per assecondare il compimento di una terribile storia”. Justine
Renèe visse nel mondo creato dal Marchese de Sade.
Perché vivere in un mondo costruito su ideali ai quali non crediamo?
Vivere senza le barriere dell’inibizione è come osare senza osare.
Si osa solo se nei freni mentalmente imposti varchiamo un limite dettato dalla società, ma se ci stacchiamo dal fardello dell’omologazione del pensiero di massa e creiamo un mondo fatto su misura per le nostre esigenze, a quel punto non ci preoccuperemmo più di rispettare norme non scritte, lo farebbero gli altri da fuori, ma ciò non ci riguarda. Lasciamo fare agli altri i super-io, siamo semplicemente e puramente es.
Non è osè, c’est la vie
Photography Davide Vagni
Styling Arianna Guion
MUA Giada De Gregorio
Models Margherita Mazzoletti, Sophia Ford