Quando possiamo permetterci di parlare?
Abbiamo davvero il diritto di esprimerci su tutto? Oppure ci sono situazioni in cui dovremmo astenerci, per rispetto dell’esperienza altrui o per la nostra limitata comprensione?
Un uomo può parlare di aborto?
Oriana Fallaci intervista Rai nel dibattito sull'aborto in una puntata di "AZ: un fatto, come e perché" del 1976
Un privilegiato può commentare sulla discriminazione?
Può un brand di lusso parlare di sostenibilità quando produce massicciamente in paesi del terzo mondo? Oppure, può un marchio che non include differenti taglie fare discorsi sull'inclusività?
Victoria's Secret, che per decenni ha costruito la sua immagine su ideali di bellezza esclusivi, può ora permettersi di parlare di inclusività e body positivity? O, viste le sue pratiche passate, dovrebbe lasciare la parola a marchi che hanno sempre abbracciato la diversità?
Emma Watson, attrice e ambasciatrice ONU per le donne ha lanciato la campagna HeForShe, che incoraggia gli uomini a partecipare al movimento per la parità di genere ma la sua posizione privilegiata le dà l'autorità di parlare di femminismo?
Da un lato, le persone influenti hanno la capacità di raggiungere un vasto pubblico e sensibilizzare su temi importanti, anche se non hanno vissuto direttamente quelle esperienze. Dall'altro lato, il rischio è che le loro parole possano sembrare vuote o non autentiche.
Emma Watson, attrice britannica e Ambasciatrice di UN Women, presenta un evento speciale per la campagna HeForShe dell'Ente delle Nazioni Unite per l'uguaglianza di genere e l'emancipazione femminile.
Una possibile soluzione è la collaborazione: chi ha un pubblico vasto potrebbe usare la propria voce per amplificare le storie e le esperienze di chi vive direttamente quelle situazioni. In questo modo, l'influente funge da "megafono" ma lascia spazio a chi ha l'autorità di parlare per esperienza vissuta. Essere consapevoli del proprio privilegio e fare spazio a chi ne sa di più è il primo passo verso una comunicazione rispettosa e potente.
Chimamanda Ngozi Adichie, scrittrice nigeriana e figura importante nel dibattito su femminismo, identità e razzismo con il discorso “We should all be feminists” ha generato dibattiti su chi può parlare di femminismo e come.
Ci sono argomenti che non possiamo comprendere pienamente e che, forse, dovremmo ascoltare più che commentare.
La società in cui viviamo, spesso, premia chi parla più forte e non chi parla con consapevolezza. Pensiamo a casi in cui celebrità o influencer parlano di ingiustizie sociali solo per sfruttare un trend, rischiando di banalizzare cause importanti.
Il punto è che, certe volte, l’umiltà di riconoscere i propri limiti e lasciare la parola a chi ha vissuto veramente certe esperienze è l’atto più rispettoso e potente che possiamo fare.
James Baldwin, scrittore e attivista afroamericano, ha affrontato temi di razzismo e discriminazione negli Stati Uniti.
Certe volte, amori miei, bisogna star zitti.
La vostra Marlè