THE NEW ERA OF MAGAZINE



Dal tradizionale al provocatorio, Marlè Magazine parla di eleganza classica ed erotismo puro. E non si ferma, non ha paura di mostrare ciò che in passato è stato etichettato come un tabù.   

Quei tabù che sono vergogna agli occhi degli ignoranti.


Marlè sfida i giudizi.
Accultura, stupisce, rapisce.

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Dal tradizionale al provocatorio, Marlè Magazine parla di moda, sessuologia, psicologia, sociologia. Marlè si fa portavoce di una visione autentica e insindacabile della vita, regalando così la possibilità di anestetizzare i taboo.

Quei tabù che sono vergogna agli occhi degli ignoranti.

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MODA MADE IN ITALY: L’ALTRA FACCIA DEL LUSSO







L’Italia agli occhi del mondo è sempre stata sinonimo di bellezza e maestria tecnica e ad oggi parrebbe ancora così, le ricerche dimostrano infatti come gli acquirenti siano disposti a pagare fino al 40% in più per un prodotto con la famosa etichetta "Made in Italy”, ma quando nasce questo iconico marchio?

Siamo negli anni '80, la richiesta per i prodotti italiani è altissima e per contrastare il fenomeno della contraffazione viene istituito un nuovo brand, il "Made in Italy", volto a certificare i prodotti progettati e realizzati entro i nostri confini nazionali. Cosa resta però di tutto questo oggi? Beh, il mondo è cambiato moltissimo da quei giorni, la globalizzazione ha riconfigurato i confini della nostra realtà e l'artigianato che tanto è stato fondamentale nel secolo scorso non ha retto il passaggio di millennio arrivando alle soglie dell'estinzione.

Cosa significa però realizzare oggi un prodotto che porti il marchio per eccellenza dell'italianità? La norma afferma che un articolo realizzato in uno stabilimento estero ma che ha subito almeno due delle fasi di lavorazione prevalentemente nel territorio nazionale e per le quali sia verificabile la tracciabilità delle rimanenti può essere considerato "Made in Italy". La legge, frutto tra l'altro di un lungo e tortuoso percorso di revisioni, ha lasciato piuttosto margine alle aziende che hanno potuto ricercare nuovi stabilimenti di produzione in giro per il mondo allettati dall'idea di abbattere i costi di produzione. Spesso associamo le immagini di fabbriche fatiscenti in paesi in via di sviluppo al mondo del fast fashion ma la cronaca ci dimostra come il mondo del lusso, da sempre percepito come più etico grazie ai suoi prezzi proibitivi, non sia per nulla estraneo a pratiche analoghe. Tutto questo è possibile grazie all'affidamento della produzione a terzisti che producono in paesi con salari minimi estremamente bassi e leggi per la tutela dei lavoratori inesistenti.
La meta preferenziale dell'emigrazione produttiva è stata a lungo il sud est asiatico come la tragedia del Rana Plaza nel 2013, lontano nel tempo ma ancora vivo nella nostra memoria, ci ha dimostrato. Tra le mete preferenziali del lusso c’è la Tunisia che nel 2022 risultava il nono paese importatore di abbigliamento in Unione Europea e vedeva circa l'82% della produzione nazionale dedicata all'esportazione per conto di rinomati brand europei e italiani come Armani e Moncler.
Altra destinazione del lusso italiano è l'Europa dell'est: in Albania il 42,3% delle aziende attive a capitale straniero o misto sono italiane e il paese ospita, tra i vari, gli stabilimenti di Dolce& Gabbana e Fendi. La Romania vede il 60% del suo fatturato del tessile finanziato da marchi italiani, ospita infatti, tra i tanti, alcuni stabilimenti produttivi di Prada. Non tutti però hanno ceduto alla seduzione del guadagno e restano esempi virtuosi di valorizzazione del territorio e dei propri dipendenti, come Brunello Cucinelli. Il brand è 100% Made in Italy con la produzione quasi totalmente concentrata a Solomeo, piccolo paese in provincia di Perugia dove l'azienda è stata fondata. Non solo quindi una filiera estremamente vigilata ma l'azienda si fa notare anche per salari superiori alla media dimostrando che, come dice l'imprenditore, "il Made in Italy non è un'utopia" e noi ci auguriamo che sia davvero così.







Nicole Annecchiarico


27–10–2024