
Max Mara SS25
Il Trionfo del Surreale:
quando la moda guarda al passato, tanto al presente, poco al futuro.
Milano, da sempre simbolo della sofisticazione e della seduzione sottile, ha ora lasciato spazio a un nuovo paradigma: il trionfo dell’assurdo e del surreale. In una stagione dove l’eleganza convenzionale è stata messa in discussione, la moda si è fatta specchio di un’epoca irrazionale. Alcuni brand hanno saputo cogliere lo spirito del momento, spingendosi oltre i confini dell’ordinario, mentre altri hanno scelto di rifugiarsi in formule nostalgiche e rassicuranti. Il divario tra chi osa e chi si accontenta di rileggere il passato è oggi più evidente che mai.
Bottega Veneta e Bally: Visioni trasformartive.
Matthieu Blazy ha saputo interpretare perfettamente questa nuova era con la sua collezione per Bottega Veneta. In uno spazio industriale trasformato in un luna park dell'immaginazione, Blazy ha mescolato abiti che sfidano la logica, come le sue pantaskirts — un ibrido tra pantaloni e gonne che sembra nato da una confusione consapevole, ma geniale. Ecco il segno di un designer che comprende il presente e, ancor più, sa anticipare il futuro, creando una nuova estetica di proporzioni volutamente distorte e colori che evocano mondi immaginari.


Allo stesso modo, Simone Bellotti, al timone di Bally, ha spinto i confini della sartorialità con una collezione ispirata a Hugo Ball e al dadaismo. I suoi capi dalle spalle curve e i corpetti dalle linee scolpite rappresentano un’armatura contro le incertezze contemporanee. L’ironia pungente di Bellotti risiede nella sua abilità di evocare un passato surreale, trasformando la paura dell’ignoto in moda tangibile e coraggiosa. Le sue scarpe con dettagli metallici e ispirazioni alpine parlano sia di protezione che di ribellione: un mix perfetto per i tempi in cui viviamo.


Max Mara, Tod’s e Ferragamo: La Sicurezza del Classico
In contrasto, ci sono marchi che hanno scelto di restare fedeli ai loro codici più sicuri, come Max Mara e Tod’s, ma senza cedere alla tentazione del déjà-vu. Max Mara, con la sua rinomata eleganza minimale, ha proposto l’intramontabile completo in cioccolato: una divisa per chi cerca la sicurezza e il potere del classico. Matteo Tamburini, da Tod’s, ha reinterpretato il trench in pelle con una maestria che non stanca mai, ma che resta radicata nel comfort di ciò che conosciamo.


Eppure, anche chi predilige il classico può spingersi oltre. Ferragamo, sotto la guida di Maximilian Davis, ha giocato con i materiali e le forme, trasformando il concetto di volo nel vuoto con cappotti in suede e abiti in seta che sembrano pronti a librarsi nell’aria. Davis ha dimostrato che anche un brand con una lunga tradizione può abbracciare il futuro senza perdere la propria essenza. L'equilibrio tra storia e innovazione è palpabile, e in questo Ferragamo ha saputo distinguersi.


Gucci e Cavalli: Il Rischio della Nostalgia
Ma non tutti hanno saputo cogliere lo spirito del tempo con la stessa maestria. Gucci, sotto la direzione di Sabato De Sarno, ha scelto di guardare al passato, riportando in vita lo stile iconico di Jackie Kennedy Onassis nei suoi anni a Capri: foulard, occhiali oversize e cappotti strutturati. Sebbene impeccabile, questa collezione ha lasciato una sensazione di distanza dal presente. Certo, un riferimento alla storia della moda è inevitabile, ma senza una vera rielaborazione rischia di sembrare un esercizio di stile più che un messaggio per il futuro. I richiami all’epoca di Tom Ford, con accessori in bambù e l’uso di jersey scintillante, sono sembrati più omaggi che vere innovazioni.



Cavalli, con il suo casting di supermodelle che ha evocato un'era passata di lusso sfrenato, ha rischiato di cadere nella trappola del revival, senza offrire una visione contemporanea. Un omaggio alla bellezza iconica, certo, ma che fatica a competere con chi, invece, ha scelto di osare. La moda non può più permettersi di vivere di nostalgia: c’è bisogno di rompere i confini, di superare le convenzioni, come dimostrano i designer che hanno puntato tutto sull’assurdo e sul sorprendente.

Sunnei e Diesel: La Nuova Avanguardia
Nel frattempo, brand come Sunnei hanno abbracciato l’audacia con una collezione che ha rotto ogni schema. Loris Messina e Simone Rizzo hanno puntato su modelli 70-80enni per il loro decimo anniversario, dimostrando che la moda non ha età e che l’avanguardia non si misura con l’anagrafe. Le loro camicie trapezoidali sagomate hanno proposto una visione utilitaristica del futuro, che sfida la percezione di bellezza eterna.


Ma il premio per la più audace sperimentazione va a Glenn Martens per Diesel. Il suo lavoro sul denim ha trasformato un tessuto umile in una tela di espressione apocalittica. Giacche con colli piumati, texture scolpite al laser e l'intero pavimento del suo show coperto da un oceano di frammenti di denim: è qui che si vede la vera creatività, quella che sa sorprendere e affascinare anche quando usa materiali che tutti conosciamo. Diesel è l’esempio perfetto di come un brand può rinascere, reinventando il concetto di lusso e sfidando l’idea di ciò che la moda può essere.



Versace: Tra Nostalgia e Innovazione
Donatella Versace, con la sua collezione ispirata a una linea Versus del 1997, ha rievocato un’epoca di “ottimismo” e “gioia” — almeno secondo i suoi ricordi. Tuttavia, per chi osserva da fuori, il rischio di nostalgia è evidente. I fiori squillanti e i grafismi ondulati, seppur divertenti, non sono riusciti a fare il salto necessario verso il futuro. Gli abiti, riedizioni di un passato già rivisitato, erano bilanciati su scarpe che sembravano flaconi di profumo trasformati in tacchi: una perfetta metafora dello stato attuale di alcuni brand, sospesi tra il desiderio di innovare e la paura di perdere il legame con il loro glorioso passato.



Il Coraggio di Guardare Avanti
Questa stagione ha mostrato chiaramente chi ha il coraggio di guardare oltre, di sfidare i confini dell'estetica e della funzionalità, e chi invece si rifugia in una rassicurante nostalgia. I veri innovatori della moda sono quelli che, come Blazy, Bellotti, Martens e Davis, sanno che per creare qualcosa di veramente rilevante bisogna osare. Non si tratta più solo di abiti, ma di una visione del mondo. La moda, in un momento storico così irrazionale, ha bisogno di più irrazionalità, di più audacia e di meno compromessi. Solo così può davvero riflettere e plasmare il futuro.
Michi Vitariello